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 La Madre tra T-1000 e Abisso


La notizia di un bambino di undici anni picchiato per strada dal padre ubriaco e salvato da un passante è di poche ore. Notizie come queste fanno male. Fanno capire in quale abisso molti di noi crescono e sono cresciuti.

Ma non riesco a capire lo scagliarsi contro la madre, che dice di non vedere il figlio da mesi.

Presupponendo che la madre sia andata via e basta, in molti l'accusano di meritare il carcere, o tante altre 'cosette belle'.

Nessuno si chiede in quale abisso sia caduta la madre per andare via.

Da noi madri ci si aspetta di essere sempre "sul pezzo", di essere invincibili e di ricostruirci come il T-1000 in Terminator 2. Noi non siamo il T-1000: noi siamo fatte di carne e cuore, di sangue che scorre nelle vene. Siamo fatte di pelle, con mani e piedi, non di metallo liquido. Noi, danneggiate da colpi ed esplosioni, non ci riuniamo immediatamente e non ci ricostruiamo nella forma originale. In molti casi riusciamo a salvare il figlio, non noi stesse, in tanti nessuno dei due, in altri solo noi e non i figli.

Dobbiamo accettare che la maternità, che l'essere madre, è vulnerabile, è debole e che non sempre riesce per tutti.

Non credo quel padre picchiasse solo il bambino; chissà quanto forte ha picchiato la madre per toglierle la forza di salvare il figlio. Chissà poi se si è riuscita a salvare.

Chissà perché a noi non spetta mai nessuna clemenza.

Non voglio giustificare le madri, vorrei solamente che si comprendesse che la madre non è onnipotente; è solo una donna che ha partorito dei figli e cerca di crescerli come meglio riesce, anche in termini di amore. Non è scontato che una madre ami sempre e comunque, anche quando i figli li ha voluti e cercati.

In Marcellino Pane e Vino, quando Marcellino chiede a Gesù come sono le madri, Gesù risponde: "Danno sempre sé stesse, la vita e la luce ai loro figli finché non diventano vecchie e curve, ma" – e qui si sottolinea – "le madri non diventano mai brutte." Questa non è la verità assoluta, questa è l'aspettativa assoluta. E se continuiamo a vivere il mito della maternità, e non la realtà, rischiamo di danneggiare i nostri figli, come nel caso del padre che non è stato creduto: aveva segnalato più volte che la madre era pericolosa per il figlio, ma, nonostante questo, il figlio doveva passare del tempo con lei. Lei alla fine lo ha sgozzato.

La madre è carne e cuore, è solo una donna che spesso è eccezionale, ma fallisce, sbaglia, che può essere stanca, malata, perfino infelice. La maternità non è idillio, anzi è vulnerabilità che può trascinare in abisso anche i figli, oltre che sé. Se continuiamo a portare avanti il mito uccideremo due volte: uccideremo la madre; uccideremo il figlio e non potremo salvare nessuno.

In fondo non cerchiamo clemenza: soltanto che la realtà non venga ancora falsificata dal mito. Soltanto che l'essere madre non venga separato dall'essere donna e quindi umana, piena di difetti come ogni altro essere su questa terra.

Bisogna capire che anche la Madre fallisce, non è perfetta e che non sempre può dare la vita e la luce ai suoi figli. La madre è umana.

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