Passa ai contenuti principali

 

La Pugnalata della Parola:

 "Atto Secondo"

Sono una donna, e oggi sono stata uccisa. Uccisa dalla voce di mia sorella che mi ha pugnalata. Onestamente, sono avvezza a morire, non accetto che il fendente provenga da mia sorella, colei che veste la mia stessa pelle. Una pelle da sempre martoriata, una pelle che è nostra solo in apparenza.

Questa pelle, solo all'occorrenza nostra, diventa rapidamente il pretesto per affermare che siamo psicologicamente più violente degli uomini. Per avvalorare questa ipotesi, si sostiene che uccidiamo i nostri figli.

Siamo tutte Medea?

Comprendo che sostenere un’ipotesi richieda una verifica sperimentale. Tuttavia, sostenerla affermando che noi donne uccidiamo i figli e gli uomini no, e che sia più brutale uccidere i figli che un estraneo, ritengo che non verifichi l'ipotesi, ma la renda palesemente falsa.

Questa seconda pugnalata, che sta sanguinando, ci rimarca tutte come Medea. Noi donne uccidiamo i figli, e per questo siamo tutte scaltre, astute, divorate dalla gelosia, pronte sempre e comunque a vendicarci del nostro Giasone.

Nel fondo del Vaso di Pandora non rimane più la speranza, ma il male scoperchiato la cui prova versa il sangue dei figli che mettiamo al mondo.

Io non ci sto!

Non ci sto al fatto che l'identità di genere sia una vulnerabilità o un alibi usato contro le donne stesse. Non ci sto a deviare l’attenzione per discolpare la violenza maschile, specie se mira a colpire la nostra parte più sensibile e complessa: la maternità.

Questa accusa è un colpo basso sferrato al solo fine di ottenere credibilità. Si antepone l’"io sono" alla solidarietà, alla verità, alla ragione, nonché all’educazione, minando i principi etici e morali.

I dati sui figlicidi sono dati frastagliati, l'ISTAT non ha una bacheca dedicata, la loro analisi richiede l'incrocio di diverse fonti (Ministero dell'Interno, ISTAT, EURES, studi accademici). In generale si evince che c’è una sostanziale equivalenza tra i generi nell'omicidio dei figli, specialmente considerando un arco di tempo e un'ampia fascia di età. 

Le madri uccidono di più nella fascia neonatale (prima dell’anno di vita); i padri dopo. Questo dato smonta l’ipotesi e la tesi della "madre assassina" per farla passare più violenta dell’uomo.

Le donne che uccidono i figli, nella maggior parte dei casi, sono madri segnate da traumi irrisolti, da profonde difficoltà personali e sociali, o che non hanno saputo sviluppare l’istinto materno.

La maternità è stata a lungo idealizzata e non educata alla complessità del ruolo, ma alla perfezione sociale pretesa. I "momenti bui" e i sentimenti negativi non sono contemplati nel racconto sulla maternità, perché il dogma è: essere madri è bello, punto.

Si esige che la madre "tutto può" e "tutto deve". Deve incarnare tutti gli eroi, da Ercole a Iron Man. Questa è una pretesa assurda che condanna la donna all'impossibile preparandola alla caduta e al giudizio. Quando fallisce, non trova mai comprensione o ascolto, solo accuse. In taluni casi la caduta è drammatica e tragica insieme: all’omicidio del figlio segue il suicidio della madre.

I padri uccidono i figli per motivi di controllo e relazionali, per gelosia, possesso e rabbia dovuti a un senso di fallimento come padre o come uomo. Ma soprattutto, uccidono per vendetta nei confronti della madre.

La Medea è lui!

Spesso agiscono per ritorsione, risultando persino più violenti psicologicamente della donna. Si pensi, ad esempio, a quel padre con divieto di avvicinamento alla madre che acconsente a pagare per la festa del diciottesimo della figlia, ma le vieta di essere presente: o niente festa, solo il fratello e gli amici. Egli usa il potere economico per dettare legge, per escludere e per esercitare il suo dominio non solo nei confronti della madre, ma anche dei figli.

Mai sia che debba scendere a un accordo, rinunciare al controllo, o persino mostrare collaborazione. Mai sia che rinunci ad alzare le mani nei confronti dell’ex, nei confronti della madre dei suoi figli. Piuttosto la morte, non la sua però.

Un profilo (quello appena delineato) che, pur non scagionando la donna dalla colpa di uccidere i figli, non può di certo caricarla del vile marchio infamante di unica autrice e crudele carnefice.

Un profilo che mette in discussione che la sua violenza sia maggiore di quella dell’uomo: ancora una volta, è l’uomo a batterla nel primato della crudeltà, della violenza e del dominio nell'esercizio del potere.

Questo è la mela avvelenata offerta a Biancaneve da una società che abbiamo costruito e che abbiamo accettato si consolidasse, alimentando stereotipi tossici basati sulle differenze di genere:

  • La donna iper-materna e condannata alla cura anche nelle mansioni lavorative;

  • L'uomo capofamiglia naturalmente più adatto a ricoprire ruoli di leadership, senza mai sporcarsi le mani col lavello.

  • La donna è irrazionale ed emotiva, l’uomo razionale e logico.

  • Le donne devono essere belle e giovani anche a cent’anni, mentre l’uomo si merita il successo e la virilità con tanto di pancia.

Noi donne ci meritiamo rispetto, e le prime a dimostrarlo dobbiamo essere noi, e fra noi. Dobbiamo difenderci sempre e gratuitamente, perché se abbassiamo la guardia ci ritroveremo burqate tutte, non solo nel corpo, ma nella libertà di espressione, di scelta ecc... Una libertà che per noi non è mai stata scontata e che è continuamente minata.

Le battaglie non devono passare solo nelle aule di tribunale, spesso incentivate da lauti compensi. Le vere battaglie partono dalle parole che ci rivolgiamo l’una nei confronti dell’altra.

Le donne hanno bisogno di altre donne alleate che non sminuiscano, che non squadrino o giudichino, e che non trasformino l’essere femminile in una minaccia. Soprattutto, hanno bisogno di quelle donne che, pur definendosi paladine della giustizia femminile, non pugnalano alle spalle quando raggiungono quei livelli di potere e successo tipici maschili.

La vera parità non è imitare il dominio, non è superare il dominio, è non avere battaglie sul dominio.

to be continued...

Sono Donna. Oggi sono stata pugnalata. La pugnalata sta sanguinando. Non capisco perché mia sorella non mi abbia amata

to be continued ...


Commenti

Post popolari in questo blog

  Immagina abbracciare : Osserva nel silenzio .  Ascolta nel buio . Se conosci i sogni , veglia gli abbracci non i mille pugni dei tanti pagliacci . Trascura il chiasso . Disobbedisci all’abisso . Se conosci la carezza , veglia la stretta non la sgarbatezza di chi é sempre maledetta. Tenue l’urlo . Intenso il sussurro . Immagina abbracciare: é semplice salutare, più potente è trasformare.   Bmr 2024 .
Disobbedite.  “Posso lasciarvi un’eredità? Disobbedite. Non fatevi mai dire che non sta bene quello che vi fa stare bene. Pagate il prezzo di essere impopolari, di sentirvi dare delle stronze, di sentirvi dare delle streghe. Dovete piacervi, non compiacere.” — Michela Murgia Da quando ho saputo del suicidio di Paolo, questa parola non smette di risuonarmi nella mente. Paolo aveva denunciato più volte, ma nulla è cambiato. E allora, non resta che disobbedire. Storie di chi ha disobbedito   La mamma di Luca Per tre anni, ogni mattina, suo figlio vomitava prima di andare a scuola. Finché un giorno, esausta e disperata, ha deciso di disobbedire al silenzio e alla convinzione che "così vanno le cose". Ha bloccato la maestra nell’atrio della scuola e le ha chiesto di smetterla con gli insulti: “sei cretino”, “sei buono solo per pascolare le pecore”, eccetera. Non ha urlato, non ha minacciato, ma ha detto solo la verità. Da quel giorno, Luca ha smesso di vomitare. Un altro suo co...
La Pugnalata della Parola: "Atto primo" Sono una donna. Oggi sono stata uccisa . Uccisa da una voce. Non è la prima volta che mi uccidono. Sono abituata a essere uccisa. Non accetto che a farlo sia una mia “sorella” . La voce non mi ha pugnalato alle spalle come il figlio con Cesare, ma direttamente al cuore , e senza prima avermi abbracciato. Non un pugnale d’inesperienza, non quell'inabilità che i giudici hanno citato come mancanza di praticità, ma un fendente maestro e letale . Un colpo che non dà il tempo di difendersi. Che colpisce con l’unico intento di annientare. Io non ci sto! Non ci sto ad ascoltare queste parole. Non accetto di essere ferita e condannata ancora una volta solo perché la mia natura è donna . Ho sempre saputo che Caino e Abele fossero fratelli. Ma ascoltando quella voce, penso proprio che fossero sorelle. Se la fratellanza ha un limite, la sorellanza è tradimento spesso celato nella difesa. Pandora siamo noi?   La prima pugnalata mi ha stordito. ...